giovedì 8 gennaio 2015

un attacco alla libertà di pensiero della Francia e dell'Europa tutta.





Attacco islamico al giornale satirico Charlie Hebdo, un attacco alla libertà di pensiero della Francia e dell'Europa tutta. Sveglia, Occidente, sveglia! Ci hanno dichiarato la guerra, siamo in guerra! E alla guerra bisogna combattere” (Oriana Fallaci)

E da molto tempo che sosteniamo la necessità di una guerra culturale nei confronti della minaccia totalitaria che nuota tranquilla negli ambiti dell’islam delle nostre moschee a prevalenza fondamentalista ed oggi l’ attentato di Parigi ad opera di terroristi islamici ci impone il dovere di essere intransigenti nella tutela della sicurezza interna e nell’intervento esterno, senza escludere alcuna opzione, contro il pericolo rappresentato dalle varie denominazioni jihadiste. Questo è il modo migliore di esprimere profondo cordoglio per le vittime francesi. Nessuna cedevolezza e comprensione per chi professa in Italia la sharia e la sua diffusione è più ammissibile. Da tempo le condizioni dello scontro fra Islam ed Occidente sono nuovamente di drammatica attualità, Madrid 2004, Londra 2005, Tolosa 2012; è senza fine l'elenco degli attacchi dei fondamentalisti jihadisti contro il Vecchio Continente.  I cristiani sono perseguitati in maniera sistematica, le vicende prima della Libia, dell’Egitto, della Siria e poi Jhadisti legati ai tagliagole del Califfato autoproclamato dell’Iraq e del Levante e fedelissimi alla guerra santa per l’Islam a casa nostra, sono lì ad  attestare che siamo nuovamente in guerra forse la terza guerra mondiale come ha accennato Papa Francesco. Per questo “Sveglia, Occidente, sveglia! Ci hanno dichiarato la guerra, siamo in guerra! E alla guerra bisogna combattere” (Oriana Fallaci). Di nuovo la sua verità la sua intransigenza ed il suo insegnamento sono rimpianti da molti, anche da quella sinistra supponente e salottiera che non la sopportava anche se non ha il coraggio di intitolarle strade e piazze. Il relativismo anche in Europa ed in Italia rinnega i costumi millenari della nostra storia ma il suo insegnamento alla faccia degli ipocriti sinistri e dei catto opportunisti rimane di straordinaria attualità là dove sottolinea lo svilimento dei valori della vita, della persona, del matrimonio, della famiglia e come sia deleterio predicare l’uguale valore di tutte le culture. Si lascia senza guida e senza regola l’integrazione degli immigrati, si consente l’illegalità diffusa dei rom . Per superare questa crisi abbiamo bisogno di più impegno e di più coraggio sui temi della nostra civiltà Di fronte alla nuova aggressione dei Jhadisti, la nuova flotta islamica, gran parte dell’occidente sembra aver perso ogni riferimento all’orgoglio di appartenere ad un mondo libero. Molti di sinistra dopo l’11 settembre se la sono presa con chi difende i valori cristiani e occidentali piuttosto che con i fondamentalisti.

Il Coordinatore Rodolfo Ridolfi

giovedì 1 gennaio 2015

Trentacinquesimo anniversario della morte di Pietro Nenni







Faenza 1974 Nenni con Giorgio Boscherini ed altri socialisti



Rodolfo Ridolfi*

 
Pietro Nenni scriveva nel suo ultimo articolo "Rinnovarsi o perire" "Tutto è in questione, tutto è posto di fronte all’alternativa di rinnovarsi o perire", un invito, un ammonimento. Certo è che, letta trenta cinque anni dopo, la frase di Nenni mantiene intatta la sua grande forza ideale e morale. Pietro Nenni moriva trentacinque anni orsono il 1 gennaio del 1980, quando ormai il PSI era saldamente nelle mani del suo delfino, Bettino Craxi. Il PSI sotto la guida di Bettino Craxi intraprenderà la stagione della sua modernizzazione attraverso il percorso del “socialismo tricolore” per poi concludere la sua centenaria storia sotto i colpi dei comunisti alleati con le toghe rosse. Pietro Nenni, che era nato Faenza, isola bianca della Romagna, il 9 febbraio 1891 da una famiglia umilissima e che era stato amico di Mussolini, ha rappresentato per oltre mezzo secolo la storia e gli ideali del Socialismo e del Partito Socialista Italiano. L’ultimo ricordo che ho di uno dei “famosi comizi” di Nenni è del 1974 a Faenza nel vecchio palasport e poi al Circolo Bubani dove il vecchio leader era accompagnato proprio da Craxi. Ricordo anche con sofferenza come negli anni del “prodismo incipiente” a Faenza i catto-comunisti delle coop bianche e rosse  volessero addirittura cancellare Piazza Pietro Nenni e come noi socialisti di Forza Italia ci battemmo perché ciò non avvenisse.
 Bettino Craxi, Pietro Nenni e Giuseppe Saragat rappresentano l’orgoglio socialista che si riprende la rivincita storica contro il Pci e la Dc del compromesso storico. Anche Forza Italia partecipa a questo ricordo perché ha dalla sua la realtà dei numeri e dei consensi che dicono che tra coloro che votavano per il Psi il 50% sceglie Forza Italia, il 20% si astiene e il restante 30 è diviso tra PD e gli altri partiti. Parlare di Nenni significa parlare anche degli anni del frontismo e della peculiare e paradossale situazione di fine anni ’40 quando Nenni e il Psi avevano i voti e i militanti, Saragat e il Psdi la classe dirigente e i quadri intermedi. Nella primavera del 1947 De Gasperi si recò negli Usa ed al rientro estromise comunisti e socialisti dal governo varando una formula di governo quadripartito centrista composta, oltre che dalla Dc, dai repubblicani di Pacciardi (Pri), dai liberali di Einaudi (Pli) e dai socialdemocratici di Saragat (Psli) che assumerà la Vicepresidenza del Consiglio dei Ministri. Dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria (1956) magnificata da Giorgio Napolitano, Nenni si riavvicinò a Saragat, proponendo ed ottenendo la riunificazione tra le due diverse anime del socialismo italiano e, dopo aver intrapreso la via dell’autonomismo, giunse a collaborare al governo con la DC di Fanfani e di Moro, con il PSDI di Saragat ed il PRI di Ugo La Malfa come vice presidente del consiglio e poi ministro degli esteri. Subì a sinistra la scissione del Psiup (1964) ma avviò nel 1966 la riunificazione con il Psdi di Saragat, destinata però a durare solo tre anni. Oggi possiamo tranquillamente affermare che la posizione antisovietica di Saragat fu assai lungimirante e vincente e poi confermata, nell’ultimo decennio del Novecento, dagli stessi avvenimenti storici. Saragat assunse ben presto posizioni riformiste moderate e filoatlantiche in contrasto con tutti gli altri partiti socialisti, socialdemocratici e laburisti d’Europa aprendo la strada all’autonomismo nenniano ed al riformismo craxiano. De Gasperi, Saragat, La Malfa il 18 aprile 1948 sconfissero, il Fronte Democratico Popolare, con Berlusconi i socialisti sconfiggeranno nel ’94 la gioiosa macchina da guerra di Occhetto ed ancora fermeranno i catto-comunisti nel 2001 e nel 2008 sempre con Silvio Berlusconi. Il più grande errore di Nenni, fu la lista unitaria composta, dal Pci, dal Psi e da alcuni ex esponenti del Partito d’Azione, che fortunatamente ottenne uno scarso 32% dei consensi. In questa competizione elettorale Giuseppe Saragat si presentò alla guida di una lista, composta dal suo Psli e da alcuni ex membri del Partito d’Azione che non avevano aderito al tandem Togliatti-Nenni, con il nome di Unità Socialista conquistando un eccellente 7 % di voti: questo fu il più significativo risultato mai conseguito dai socialisti riformisti prima di Craxi. Saragat fu uno dei sostenitori dell’apertura ai socialisti di Nenni che dopo i fatti d’Ungheria del 1956, avevano abbandonato l’opzione frontista con i comunisti di Togliatti. Contro Saragat e Nenni e poi contro Craxi, che hanno lasciato morire ad Hammameth, si scateneranno le ire e le accuse di tradimento della classe operaia, dei comunisti, che oggi in maniera ipocrita e strumentale sono anche disponibili, incoraggiati dai “socialisti opportunisti con la sindrome di Stoccolma”, ad usurparne l’eredità e a riproporre il fronte popolare e il compromesso storico con Renzi, Napolitano, Prodi e compagnia cantante.

*Coordinatore di Azzurri ’94 con Silvio Berlusconi