Finalmente la verità sul golpe
del 2011. Monti già nel giugno, a spread basso, era stato scelto dal
Colle. Il Presidente Napolitano nei
giorni scorsi ha detto solennemente: i nomi di Monti e Letta sono stati descritti
come «quasi inventati per capriccio del Presidente della Repubblica». Ma ciò
non è vero perché furono indicati «nel corso delle consultazioni». Insomma: agì
come Costituzione comanda. Invece. Forse le consultazioni ci furono, ma non
esattamente quelle previste dalla Costituzione. Consultò qualcun altro.
Un’altra verità , rispetto a quella fornita dal
Quirinale, viene documentata da Alan Friedman oggi sul “Corriere della Sera” e
incastonata in un video di poco più di dieci devastanti minuti. Eccola: già nel
giugno del 2011 il presidente Napolitano aveva chiamato a sé Mario Monti per
allertarlo. Sarebbe toccato a lui sostituire Berlusconi a Palazzo Chigi. Anche
Corrado Passera, allora banchiere semplice, era stato incaricato dal Colle di
confezionare un programma economico che poi mostrò allo stesso Monti. Lo
sapevano tutti, a quanto pare, quelli del gran mondo della sinistra ricca e
colta, di banchieri, finanzieri, editori. E il popolo? Il popolo chi? De
Benedetti, Prodi confermano. Monti chiese loro consiglio, ed essi non mancarono
di fornirgliene. "Accetta, accetta...". Ci domandiamo: perché
Napolitano ha sostenuto che non si è trattato di un suo capriccio? Siamo
d’accordo, non è stato un capriccio, non si tratta di uno scatto di umore
bizzoso, ma qualcosa di lento, maturato piano, coltivato prima delle tempeste.
Come si può chiamare qualcosa che viene progettato in contraddizione con il
responso delle urne? A uragano finanziario ancora al di là dell’orizzonte,
fuori dagli schermi radar, il nome e cognome di un premier senza suffragio
universale, ma solo a suffragio di quartierini alti e stranieri era giÃ
stabilito. Presidente Napolitano, osa ripetere ancora che sarebbe stata la
consultazione di partiti ad aver fatto uscire il nome Monti? Sul serio?
Andiamo al documento filmato di
Alan Friedman. Le ultime parole sono di Mario Monti, quando ammette,
faticosamente, dolorosamente, a proposito della sua investitura a premier, che
in effetti già a giugno del 2011, Napolitano “sì, mi ha dato segnali in questo
senso”.
Poi basta parole. Primo piano del
senatore a vita. In trenta secondi di un volto silenzioso viene raccontata una
brutta verità sull’Italia. C’è un pieno di verità in quel vuoto di parole che
nemmeno in un poderoso volume di documenti e giuramenti. Monti è smarrito,
stringe le labbra. Le corruccia, le abbassa. È consapevole, non mente. A cosa
ha detto di sì? E chiude gli occhi per otto secondi eterni.
Si rifletta. Quando Monti fu
investito di un piano elaborato fuori Costituzione (da chi? da Napolitano?
quali consultazioni ci furono?) lo spread, con la sua tempesta poi provocata ad
arte, non si era ancora abbattuto sull’Italia, ma se ne stava tranquillo sotto
i 200 (quota 200 sarà toccata solo il 3 luglio). Eppure in quel giugno 2011 era
già tutto predisposto. La road map o, meglio, la Strassenkarte, per dirlo in
tedesco che temiamo sia la lingua giusta, era disegnata. Prendeva le mosse così
un tranquillo colpo di Stato, pacifico, sereno, discusso in fresche sere
d’estate a Saint-Moritz, non con il popolo elettore ma tra poteri forti.
Ma sono anche poteri boomerang.
Pensavano di aver dato scacco matto a Berlusconi e al popolo italiano. Ora
grazie alle rivelazioni fornite da Alan Friedman, convergenti, limpide, senza
possibilità di letture minimaliste o benevole, lo scacco matto è al Re, ed è inutile
che schieri cavalli ed alfieri, torri e pedine. Di certo siamo garantisti.
Persino quando un volto impassibile come quello di Mario Monti canta più di un
verbale.
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