lunedì 10 febbraio 2014

Golpisti dei salotti e della finanza amica dei Tedeschi. E il popolo?







 
Finalmente la verità sul golpe del 2011. Monti già nel giugno, a spread basso, era stato scelto dal Colle.  Il Presidente Napolitano nei giorni scorsi ha detto solennemente: i nomi di Monti e Letta sono stati descritti come «quasi inventati per capriccio del Presidente della Repubblica». Ma ciò non è vero perché furono indicati «nel corso delle consultazioni». Insomma: agì come Costituzione comanda. Invece. Forse le consultazioni ci furono, ma non esattamente quelle previste dalla Costituzione. Consultò qualcun altro.
 Un’altra verità, rispetto a quella fornita dal Quirinale, viene documentata da Alan Friedman oggi sul “Corriere della Sera” e incastonata in un video di poco più di dieci devastanti minuti. Eccola: già nel giugno del 2011 il presidente Napolitano aveva chiamato a sé Mario Monti per allertarlo. Sarebbe toccato a lui sostituire Berlusconi a Palazzo Chigi. Anche Corrado Passera, allora banchiere semplice, era stato incaricato dal Colle di confezionare un programma economico che poi mostrò allo stesso Monti. Lo sapevano tutti, a quanto pare, quelli del gran mondo della sinistra ricca e colta, di banchieri, finanzieri, editori. E il popolo? Il popolo chi? De Benedetti, Prodi confermano. Monti chiese loro consiglio, ed essi non mancarono di fornirgliene. "Accetta, accetta...". Ci domandiamo: perché Napolitano ha sostenuto che non si è trattato di un suo capriccio? Siamo d’accordo, non è stato un capriccio, non si tratta di uno scatto di umore bizzoso, ma qualcosa di lento, maturato piano, coltivato prima delle tempeste. Come si può chiamare qualcosa che viene progettato in contraddizione con il responso delle urne? A uragano finanziario ancora al di là dell’orizzonte, fuori dagli schermi radar, il nome e cognome di un premier senza suffragio universale, ma solo a suffragio di quartierini alti e stranieri era già stabilito. Presidente Napolitano, osa ripetere ancora che sarebbe stata la consultazione di partiti ad aver fatto uscire il nome Monti? Sul serio?
Andiamo al documento filmato di Alan Friedman. Le ultime parole sono di Mario Monti, quando ammette, faticosamente, dolorosamente, a proposito della sua investitura a premier, che in effetti già a giugno del 2011, Napolitano “sì, mi ha dato segnali in questo senso”.
Poi basta parole. Primo piano del senatore a vita. In trenta secondi di un volto silenzioso viene raccontata una brutta verità sull’Italia. C’è un pieno di verità in quel vuoto di parole che nemmeno in un poderoso volume di documenti e giuramenti. Monti è smarrito, stringe le labbra. Le corruccia, le abbassa. È consapevole, non mente. A cosa ha detto di sì? E chiude gli occhi per otto secondi eterni.
Si rifletta. Quando Monti fu investito di un piano elaborato fuori Costituzione (da chi? da Napolitano? quali consultazioni ci furono?) lo spread, con la sua tempesta poi provocata ad arte, non si era ancora abbattuto sull’Italia, ma se ne stava tranquillo sotto i 200 (quota 200 sarà toccata solo il 3 luglio). Eppure in quel giugno 2011 era già tutto predisposto. La road map o, meglio, la Strassenkarte, per dirlo in tedesco che temiamo sia la lingua giusta, era disegnata. Prendeva le mosse così un tranquillo colpo di Stato, pacifico, sereno, discusso in fresche sere d’estate a Saint-Moritz, non con il popolo elettore ma tra poteri forti.
Ma sono anche poteri boomerang. Pensavano di aver dato scacco matto a Berlusconi e al popolo italiano. Ora grazie alle rivelazioni fornite da Alan Friedman, convergenti, limpide, senza possibilità di letture minimaliste o benevole, lo scacco matto è al Re, ed è inutile che schieri cavalli ed alfieri, torri e pedine. Di certo siamo garantisti. Persino quando un volto impassibile come quello di Mario Monti canta più di un verbale.







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